In origine (sec. XIII-XIV) cappella gentilizia, fatta probabilmente edificare dalla famiglia Mantegazza, è citata per la prima volta dall’Arcivescovo Gaspare Visconti, giunto in visita pastorale a Solbiate nel 1586 e, quindi, dal cardinale Monti (1646), che rilevava la necessità degli abitanti che si tornasse a celebrare messa nell’Oratorio. Sappiamo che nel 1682 era tornata luogo di culto, con la celebrazione di 10 messe all’anno.
Il parroco Carlo Francesco Ambrosoli, nel 1684, così la descrive al Cardinale Federico Visconti:
“…Essa ha una cappella rivolta ad Oriente coperta da una volta tutta dipinta con le figure degli Apostoli…La chiesa è priva di soffitto, ma è ben coperta dai coppi.
A mano sinistra uscendo dalla cappella maggiore, verso il mezzodì, si vede dipinta la figura di S. Agata mentre a mano destra, verso settentrione, vi è l’immagine della Beatissima Vergine…”
Contesa, negli anni ’80 del Cinquecento, tra i Marchesi Mantegazza , proprietari della collina di Monte, e la famiglia Carabelli, affittuari perpetui, rischiò la demolizione fra il 1684 e il 1685.
Nel 1803 il parroco Francesco Bianconi cita Sant’Agata come “Chiesa sussidiaria”, e tale rimase fino a quando non se ne scoprì il valore artistico.
Il restauro recente della chiesetta, presentata nel suo nuovo aspetto ai solbiatesi il 5 febbraio 2008, ha messo in luce la bellezza degli affreschi del catino absidale, di fine XV inizio XVI secolo, di un autore della scuola di Fra Galdino da Varese, raffiguranti , al livello più alto, la Maestà divina, i quattro Evangelisti e i Profeti; al centro, gli Apostoli e il Cristo crocefisso; al livello più basso i vizi capitali.